Conosco da tempo Alex Warren, l’autore di Moquette. E’ il creatore di Quest, un bel sistema per scrivere avventure al quale Alex lavora da anni. Grazie a Quest, anche chi non sa nulla di programmazione può creare un’avventura anche abbastanza complessa.
Alex ha detto di avere partecipato alla IF Comp 2013 non solo per fare conoscere Quest, ma anche per mettersi alla prova come autore, cosa che non aveva mai fatto prima. E così ha sfornato Moquette che – curiosamente – ha poco a che vedere con i classici giochi scritti con Quest: infatti, non c’è il prompt, non c’è il parser. Moquette è un’avventura a scelta multipla, del tutto priva di enigmi.
Lo scenario è la metropolitana di Londra. Impersoniamo un tizio di nome Zoran che – come tutti i giorni – è diretto al posto di lavoro. Ma qualcosa lo blocca e lo spinge a trascorrere una giornata diversa. Ci ritroviamo così a vagare per la metropolitana, a cambiare un treno dopo l’altro, a osservare la gente che ci circonda. Osserviamo, osserviamo… finché incontriamo lei: Heather. E finalmente la giornata assume un senso. Ma Heather subito scompare e dobbiamo ritrovarla, però…
Moquette è un piccolo gioco, ben scritto, ma poco avvincente. Certo, il senso del racconto sta proprio nella sua monotonia, nell’umore tendente alla depressione del personaggio che sembra – appunto – camminare sulla moquette, vivere in un mondo dai rumori soffusi.
Eppure, una storia, una avventura, deve avere ostacoli o obiettivi anche minimi lungo il percorso. E quando si arriva all’unico obiettivo del gioco, Heather, si è praticamente giunti alla fine. Sarebbe bastato creare una maggiore interazione con le persone che si incontrano nella metropolitana oppure con qualche oggetto. Alex ha fatto un gran lavoro nella ricostruzione di una porzione dell’immensa metropolitana di Londra, ha creato un senso di angoscia, qualche interessante effetto grafico (a un certo punto il testo scorre velocissimo in orizzontale simulando il passaggio di un treno) ma Moquette ha un passo troppo felpato per appassionare.